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15 ott 2025

15 ott 2025

Costruttori di pace

In questo momento in cui i conflitti, non giustificabili e moralmente inaccettabili, hanno generato odio, morte e distruzione, abbiamo visto come, soprattutto in Italia, in molti sia nato un desiderio urgente di fare qualcosa.


Come ha ricordato Papa Leone XIV: «È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza». Le immagini di Gaza hanno ferito nel profondo la comune coscienza di diritti e di dignità che abita il nostro cuore, come ricordava una recente lettera a Mons. Pizzaballa rivolta alla diocesi.


Negli ultimi tempi, seguendo i fatti di cronaca, sembra che si stia finalmente raggiungendo un accordo definitivo. Di fronte alla stanchezza di tutti per questa devastazione, anche i piani alti hanno deciso di interrompere gli attacchi militari. Ma questa nuova situazione cosa significa davvero?

Siamo consapevoli che la fine della guerra non coincide necessariamente con la fine del conflitto, cioè con la pace. Come ha ribadito il cardinale Pizzaballa in un’intervista rilasciata a Chora Media: «Il conflitto durerà ancora molto tempo perché le cause profonde di questa guerra non sono ancora state prese in considerazione. Il conflitto israelo-palestinese non si concluderà finché non si darà al popolo palestinese una prospettiva chiara, evidente e reale. E poi l’odio, il disprezzo e il rancore che questa guerra ha causato dentro le due popolazioni avranno conseguenze e strascichi per molto tempo».


La fine della guerra, dunque, rappresenta solo il primo passo per cominciare a costruire la pace. Ma cosa significa, concretamente, costruire la pace?


La pace si costruisce dal basso. Come ribadiva sempre il Patriarca latino di Gerusalemme nella tavola rotonda “La pace è possibile? La crisi del Medio Oriente” (23 settembre 2024): «Se ho imparato qualcosa in quest’anno è che la pace va preparata. È frutto di cultura e si prepara nelle scuole, dal basso, creando le occasioni che possono ricostruire, poco alla volta, la fiducia». Occorre che nei luoghi di cultura si coltivi un’esperienza di libero confronto, l’unica su cui può fondarsi la fiducia. Per questo, il ruolo delle istituzioni culturali – e delle università in primo luogo – è quello di favorire un terreno di dialogo, non di divisione. È nostra responsabilità richiamare le università al loro compito: educare soggetti critici e consapevoli, capaci di un confronto non ideologico e costruttivo.


Perché la costruzione della pace non diventi un semplice slogan, occorre impegnarsi concretamente per creare i luoghi in cui essa possa realizzarsi: nell’unità, nella letizia, nel perdono e nella carità. Da questo spirito nascono tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione come presenza universitaria: i gruppi di studio, la Sagra della Matricola, gli incontri culturali.


In questi gesti semplici ma concreti vediamo un primo tentativo di costruzione della pace, che inizia dall’amore per il luogo in cui viviamo. Vogliamo farlo insieme, perché solo insieme è possibile muovere i primi passi verso questa direzione: anche attraverso il lavoro negli organi di rappresentanza, occasione
di vera collaborazione e di costruzione comune.
Questo impegno condiviso è ciò che può trasformarsi in un segno concreto di unità e di pace.



Invitiamo tutti coloro che si riconoscono nel nostro stesso desiderio di pace e di bene a incontrarci in università.


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